Dopo l’incontro di Johannesburg e il successivo vertice di Luanda tra Unione Europea e Organizzazione degli Stati Africani – non il primo dal titolo “Promuovere la pace e la prosperità attraverso un multilateralismo efficace” – si impone una riflessione sul ruolo del Mediterraneo nel nuovo contesto globale. Negli ultimi anni attori come la Russia, e soprattutto la Cina, hanno occupato spazi economici e politici sempre più significativi nel continente africano. In appena mezzo secolo la popolazione africana è più che triplicata e, da qui al 2050, l’Africa diventerà l’area più popolosa del pianeta. Le sue immense risorse naturali e umane la rendono oggi una delle regioni a più alta crescita economica, con un PIL stimato tra il 4 e il 4,5% per l’anno in corso. Tuttavia, a fronte di tali potenzialità, persistono storiche fragilità: diseguale distribuzione della ricchezza, instabilità politica, debolezza istituzionale. Problemi che richiedono tempi lunghi per essere superati. Ciò che però qui interessa sottolineare è un’altra domanda: il Mediterraneo può ritrovare quella centralità che ha avuto nella storia? La storia, come insegnano i manuali, comincia in Oriente: Mesopotamia, Egitto, il Levante che i britannici hanno chiamato “Middle East” e che per noi è il Vicino Oriente, cioè la sponda orientale del Mediterraneo. Da qui, popolazioni di mercanti come i Fenici – partiti da Tiro, Sidone, Tripoli – crearono una rete di relazioni commerciali e culturali che si estese fino alla Gran Bretagna. Il Mediterraneo vide poi l’affermarsi della civiltà greca, nelle sue varie declinazioni (achea, dorica), e l’espansione delle città-stato in Italia meridionale, Sicilia e Francia meridionale. Fenici e Greci, anche tramite la potenza di Cartagine, contribuirono all’unificazione delle due sponde del mare. Con la vittoria di Roma su Cartagine e la successiva conquista della Grecia e dell’Egitto, il Mediterraneo venne unificato politicamente. Divenne la culla della civiltà greco-romana e, con l’avvento del Cristianesimo – a partire dal Concilio di Nicea – anche religiosamente. La caduta dell’Impero romano d’Occidente segna la fine dell’antichità, ma non necessariamente l’inizio del Medioevo. Su questo punto è illuminante la tesi dello storico Henri Pirenne: il Medioevo nasce davvero non nel 476, ma con l’espansione araba, che trasforma il Mediterraneo in una frontiera e interrompe l’unità economica e culturale costruita da Roma. L’avanzata islamica fino ai Pirenei, alle coste ioniche e alla Sicilia ridisegna gli spazi politici del mare nostrum. Tra Alto e Basso Medioevo, grazie alle repubbliche marinare e alle crociate, il Mediterraneo torna progressivamente a essere un ponte tra Europa, mondo arabo e Bisanzio. L’Europa “mitteleuropea” del Sacro Romano Impero, inizialmente concentrata sul mondo germanico e slavo, ritrova poi il Mediterraneo anche tramite i Normanni e la nascita del Regno di Sicilia, proiettato verso l’Oriente bizantino e il Nord Africa. L’Italia e la Penisola Iberica diventano veicoli della rinascita culturale europea. È grazie ai contatti con il mondo arabo che l’Occidente riscopre Aristotele, reinterpretato da Tommaso d’Aquino. Sotto Federico II di Svevia, il Regno di Sicilia diventa laboratorio interculturale dove si intrecciano mondo islamico, greco, latino e germanico. La Scuola Medica Salernitana ne è simbolo precoce e duraturo. Il Mediterraneo perde la sua centralità nel XVI secolo, quando nuove rotte commerciali – quelle portoghesi attorno all’Africa e soprattutto la rotta atlantica aperta da Colombo – ridisegnano l’economia mondiale. L’Impero Ottomano, conquistata Costantinopoli, contribuisce ulteriormente a separare le due sponde del mare. Tuttavia, nonostante la marginalità economica, il Mediterraneo continua a influenzare profondamente il pensiero europeo.
La teologia cristiana, il diritto romano e il contributo dei giuristi mediterranei – come Mario Salomonio degli Alberteschi, studiato anche nella Ginevra calvinista – e Alberico Gentili contribuiscono allo sviluppo della filosofia politica liberale e alla nascita del pensiero contrattualista. Dal XIX secolo, con la disgregazione dell’Impero Ottomano e le guerre coloniali (si pensi alla conquista francese dell’Algeria nel 1830), il Mediterraneo torna al centro delle dinamiche geopolitiche. Durante la Guerra Fredda rimane un’area delicata, ma è con la fine dei blocchi e con la globalizzazione che si riaffaccia la necessità di riscoprirne il ruolo strategico. La crescita della Cina e la sua espansione verso Ovest riportano l’Oriente a proiettarsi nuovamente attraverso il Mediterraneo. Nel mondo attuale il rilancio del Mediterraneo non può prescindere dalle relazioni con l’Africa. Il continente africano è il vero punto di incontro tra Occidente e Oriente. Per questo l’Unione Europea sta tentando di sviluppare nuovi piani di investimento e cooperazione con gli Stati africani: non solo per motivi economici ed energetici, ma anche strategici, demografici e di sicurezza. Se il Mediterraneo vorrà ritrovare una centralità simile a quella del passato, sarà proprio attraverso un partenariato equo e strutturato tra Europa e Africa, capace di affrontare insieme le sfide del XXI secolo.
Europa e Africa alla ricerca di una nuova centralità del Mediterraneo di Gerardo Lisco