Bisogna interrogarsi seriamente ogni qualvolta assistiamo a fenomeni reiterati nella cultura di massa. Già perché ormai tali sono diventate le famigerate presentazioni di libri, quei riti ormai stantii in cui gli autori sono convinti di rivelare al pubblico delle verità nascoste e il pubblico si fa sempre meno numeroso.
Probabilmente questa situazione è figlia di un mercato editoriale labile e offuscato, un’enorme mongolfiera tenuta in aria dai polmoni degli aspiranti scrittori contrapposti dai pochi lettori che ancora acquistano e leggono libri. Il mercato si tiene in piedi ormai quasi unicamente dal povero scrittore che sostiene quasi da solo il costo della pubblicazione, giacchè la maggior parte degli editori, proprio come Il Gatto e la Volpe di Pinocchio, useranno i suoi quattrini per coronare il suo sogno che svanirà alle prime luci dell’alba.
Ecco perché il povero autore è costretto ad organizzare, spesso in maniera autonoma, dei veri e propri tour di presentazioni nei quali spera di recuperare almeno le spese che si sono rese necessarie alla pubblicazione.
Pubblicare un libro che abbia i requisiti minimi di dignità e accuratezza, è tra l’altro un’attività di una certa complessità perché il povero sognatore deve, nell’ordine: inventarsi un soggetto, far diventare quel soggetto una storia da trasferire su carta possibilmente scritta bene, farsela rivedere e correggere da qualche esperto (e probabilmente sborsare altri quattrini), trovare qualcuno che gli “referenzi” in qualche modo il lavoro attraverso l’introduzione, ed infine rivolgersi a qualche Gatto o Volpe che gli faranno la grazia di pubblicargli il lavoro, spillandogli dei soldi a fronte di scarsa o inesistente diffusione e promozione del suo volume.
Naturalmente vi sono eccezioni a questo clichè (io ho avuto la fortuna di trovarne uno) ma la regola è quasi sempre la stessa.
Ecco allora che il povero sventurato, una volta capita l’antifona, si rivolge alle case editrici in “crowdfunding”, senza afferrare che neppure queste rischiano un euro, perché l’agognata pubblicazione avverrà solo se il nostro sognatore – sempre lui – garantirà all’editore un certo numero di prevendite. Ancora una volta: zero rischi per l’editore, 100% di onere sullo scrittore (o i suoi lettori reali o potenziali).
L’ultimo step che compirà l’eroe è quello del “self publishing”: l’autopubblicazione su Amazon. Il colosso internet, a differenza degli editori tradizionali che ci hanno messo la faccia e quindi devono immettere sul mercato un prodotto ben fatto, non entra minimamente nel merito della qualità del lavoro.
La differenza sta tutta nel fatto che l’autore potrà dire all’amico che vive a 200 o 2000 km di distanza: prendi la tua bella carta di credito e acquista la tua copia.
Risultato: vengono pubblicati oceani di libri scadenti e poco curati sotto l’aspetto dell’editing, che vanno ad aumentare sensibilmente la forbice già disastrosa che contrassegna il rapporto pubblicazioni / lettori.
Al nostro eroe non resta che accontentarsi di quattro spicci di royalties (che sono sempre meglio di niente) e ricominciare il tour delle presentazioni che appare il sistema migliore per vendere qualche copia. Insomma un sistema con falle evidenti da ogni parte lo si guardi.
È il mercato dei lettori l’altro punto critico di tutta l’operazione: non credo esista alcuna categoria economica nella quale sia così evidente lo sbilanciamento tra domanda e offerta
Ora, capirebbe anche un bambino che se non si potenzia la domanda (incrementando il numero dei lettori potenziali), tutta la filiera della editoria non lo troverà mai uno spazio reale sul quale poter collocare i propri prodotti, i quali resteranno a riempire magazzini per decenni fino ad essere smaltiti o distrutti quando qualuno farà le pulizie di primavera. Ma visto che siamo ancora alle porte dell’inverno, ci tocca assistere a decine e decine di presentazioni con effetti sulle vendite dall’esito sempre più trascurabile.
Lo stato dell’arte del mercato editoriale di Dino De Angelis