Il Fascino dell’Archeologia a Ruvo del Monte tra Ricerche e Rassegna Stampa di Mauro Armando TITA (Sociologo e Saggista)

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Una Città, un Borgo, una Comunità possono passare attraverso catastrofi e medioevi, vedere generazioni diverse, abitare le sue case, i suoi palazzi, vedere cambiare le sue case, i suoi palazzi, com’è avvenuto a Ruvo con la ricostruzione del dopo sisma del 23 novembre 1980, ma deve, al momento giusto, ritrovare i suoi Dei, le sue origini, lo sostiene Italo Calvino, lo ha riproposto il Prof. Lucio Tufano su “Controsenso” del 22 novembre scorso. Il Focus sul Fascino dell’Archeologia del 23 novembre scorso ha tentato di fare questo con tanto entusiasmo e tanta fiducia per il prossimo futuro. Perché questo Focus? Quali sono le ragioni che lo motivano e lo giustificano? Solo il gusto di ramazzare nella memoria del passato, nella vana pretesa di riattribuire un merito al nostro lavoro, vale per me, per Don Gerardo, per il vicesindaco Michele Di Napoli, per Mario Ciampa, per Peppino Santomenna, per Peppino Ferrieri (il nostro grande designer che ha immortalato con successo da oltre 43 anni la copertina della prestigiosa Pubblicazione Scientifica: Ricerche Archeologiche Necropoli in Contrada S. Antonio “Soprintendenza Archeologica – Comune di Ruvo del Monte” 1983 Edizioni F.lli Ottaviano – Rionero in Vulture) per Antonio Gallucci, per Nicola Suozzi e, dulcis in fundo, per il Sindaco Peppino Fasano, o nella sterile presunzione che il nostro operato di dirigenti e iscritti al Gruppo Archeologico Lucano o di vecchi Amministratori comunali ritrovi nell’attualità riconoscimenti più o meno dovuti? La problematica ed acida constatazione che vede nel confronto di oggi tra l’aridità del presente e la problematicità del passato le radici delle dinamiche storico-politiche che dovrebbero aiutarci a comprendere il presente odierno nelle sue diffuse opacità e nelle sue stucchevoli lamentazioni. Quali altre motivazioni potremmo attribuire a questo lavoro che possono renderlo utile a guardare con maggiore speranza al futuro e per rimuovere giorno dopo giorno l’impegno che Noi, al pari di ogni altro cittadino lucano, siamo chiamati a prestare per contribuire al bene comune in questa nostra meravigliosa regione che amiamo tanto, nonostante le tante, tantissime criticità. La storia locale, lo abbiamo ribadito più volte, non è un genere inferiore, anzi essa affonda le sue radici nella tradizione anglosassone e ne sviluppa senso civico, senso di appartenenza e senso di comunità. In questa seconda edizione del Volume ho voluto aprire un processo virtuoso con Soprintendenza, Regione, FSE e FERS peraltro già brillantemente attivato con i Proff.ri Angelo Bottini, Dinu Adamestaunu, Massimo Osanna, Maria Luisa Nava, Michele Scalici, Alfonsina Russo, Buck dell’Università di Alberta in Canada, Cipollone della Sapienza di Roma, e Andreu dell’Università di Marsiglia e, oggi, con il funzionario della Commissione Europea, dr. Dino Nicolia. Come sostiene il dr. Nicolia nel sua splendida prefazione al Volume, raccogliere una selezione di scritti e di testimonianze di un territorio ricchissimo di necropoli e di storia millenaria che trovano nel candelabro etrusco il simbolo di una cultura e le radici di una civiltà che sono stati oggetto di approfondimento degli insigni accademici, Lisco, Pascale e Tucciariello è un atto di memoria e di responsabilità. Sono queste le ragioni che mi impongono di mettere in evidenza le élites delle nostre necropoli che sentono la necessità non solo di circondarsi di stupendi oggetti di importazione (il Candelabro etrusco docet), ma anche a parere del Prof. Bottini di rimodellare alcuni loro atteggiamenti secondo gli usi dei loro interlocutori di diverse origine etnica e di più sviluppata organizzazione sociale ed economica. Il dr Scalici che ha dedicato il suo meraviglioso lavoro scientifico alla nostra Necropoli in Contrada Sant’Antonio con il supporto del Prof Osanna ha voluto ulteriormente precisare che il quadro che si ricava dall’analisi dei contesti funerari di Ruvo del Monte è quello di una società caratterizzata da una forte connotazione identitaria aperta ai contatti con l’esterno. Mai società chiusa, il carattere guerriero ben rappresentato dal controllo del territorio e dalle armi che accompagnavano i corredi maschili non sembra essere mai venuta meno. L’appartenenza di questa Comunità all’ethnos nord lucano come evidenziato in maniera pregevole dalla Prof. Alfonsina Russo, direttrice del Colosseo è sottolineata oltre che dal tipo di decorazione subgeometrica, dalla deposizione rannicchiata dei corpi e dalla nestoris come vaso rituale (argomento ben approfondito anche dal Prof. Massimo Osanna)prodotto esclusivamente in Apulia e in Lucania. La continuità d’uso e l’evidente insostituibilità di questo oggetto sembrano testimoniare una decisa affermazione di autonomia politica rispetto alle culture delle aree circostanti. Mi preme sottolineare dopo le splendide “lectiones magistrales” degli accademici Proff.ri Lisco, Pascale e Tucciariello, i richiami del Sindaco Pietro Mira, del Vice Sindaco Donato Schettino, della Vice Presidente Pro Loco, dr.ssa Serena Grieco e del Presidente dell’Associazione ex Parlamentari e consiglieri regionali della Basilicata, dr. Michele Radice, senza dimenticare, rimarcandolo il brillante ed erudito contributo di Don Gerardo Gugliotta e Peppino Santomenna che hanno completato splendidamente il quadro di riferimento scientifico sul nostro meraviglioso sito archeologico. Non va sottaciuta la lunga ed esaustiva recensione, a quattro mani, del dr. Giovanni Grieco e del dr. Antonio Rita, già Sindaco di Ruvo del Monte, sul magnifico libro di Don Gerardo: “Rufrium, Rubo, Ruvo” con un accorato appello finale indirizzato alla Regione Basilicata a produrre un progetto concreto rivolto alle nuove generazioni stanchi come siamo del patogeno spopolamento e della terrificante fuga dei giovani. Una particolarità speciale è riservata al Focus sul sito arcaico dell’arch. Marilina Tita che ci ha introdotto nella storia di Ruvo del Monte dove l’identità di un luogo segue il senso di appartenenza con un auspicio condiviso da tutti, il Candelabro come simbolo del Genius Loci, di quell’essenza interiore riconoscibile all’esterno che rappresenta lo spirito e il nume titolare di ogni luogo. La cara Marilina ci richiama alle frequentazioni commerciali e mercantili con i Greci, gli Etruschi e perfino le Repubbliche Baltiche del Nord Europa (oggi, scusate la digressione, in perfetta continuità con il profilo professionale di mio figlio Michele, ricercatore italo-estone dell’Università di Tartu, la vecchia Dorpat dove insegnò per alcuni anni Indro Montanelli e dove si è laureata in Giurisprudenza l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea on.le Kaja Kallas). Il momento più bello e più significativo, infine, lo traccia Mario Atzori ricordando lo strepitoso successo della Mostra di Vetulonia, in provincia di Grosseto, chiamata suggestivamente: “ Il Modello Inimitabile”, così definito dalla Soprintendenza Archeologica della Toscana , dalla Regione Toscana e dal Comune di Vetulonia. Il Modello Inimitabile era il nostro Candelabro Etrusco, immortalato successivamente nelle “Settimane Europee dell’Archeologia” 2023. Mario Atzori, inoltre, sottolinea la marea di visitatori alla “Mostra” del nostro Candelabro, provenienti da Svezia e Danimarca. Tale mostra si è conclusa il 12 novembre del 2012 con una strepitosa Tavola Rotonda organizzata dal Comune di Vetulonia, dalla Regione e dalla Soprintendenza Archeologica Toscana, senza alcuna presenza istituzionale lucana, compensata parzialmente dalle presenze dell’etruscologo Prof. Angelo Bottini, già direttore degli scavi di Ruvo del Monte e dal dr. Antonio De Siena, Soprintendente Archeologico di Basilicata. Il caro Atzori chiude il suo intervento con uno sfogo comprensibile e con una amara constatazione: “La capacità di iniziativa, l’intraprendenza di queste nostre popolazioni indigene hanno favorito scambi commerciali, forme di grande convivenza accelerando interessanti e stimolanti processi culturali, purtroppo, nel vuoto cosmico delle nostre amministrazioni comunali e regionali dell’epoca”. L’assenza delle nostre istituzioni locali è stato per Atzori e per Noi tutti una sofferenza indicibile, inenarrabile, una vera grande occasione perduta”.

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